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COLPO ALLA GIAPPONESE da Luca Mannurita blog

2.


Masashi ebbe il primo sospetto quando notò il cameriere avvicinarsi senza che ve ne fosse necessità. Sospetto confermato dal fatto che sul vassoio che recava con sé era adagiato un biglietto.

- Kuniko, ti prego – mormorò quando vide la giovane seduta di fronte a lui prendere il biglietto con pacata determinazione.

Il biglietto una volta aperto proiettò nell'aria un ologramma di modeste dimensioni ma molto ben definito: sotto lo stemma araldico simbolo del lussuoso albergo scintillavano discretamente caratteri obliqui ricchi di eleganti svolazzi. Un invito.

- Ma cosa abbiamo fatto di male per... - Kuniko impassibile lo scalciò sotto il tavolo e Masashi fu l'unico ad accorgersene.

- Grazie – con un sorriso la giovane congedò il cameriere. Il compagno si esibì in smorfie visibili al punto che Kuniko lo rimproverò.

- Controllati. È stata carina a invitarci a bere un caffè.

- Ha quel maledetto vizio di toccare tutto con quelle orrende mani... - si disperò lui.

- Devo darti ragione... è davvero maleducata. E ha brutte mani. Ma mi sto ripetendo, e anche tu.

- Come avrà fatto una così ad entrare in società...

- Con lo stesso biglietto da visita che usiamo io e te, mio caro. Il denaro. È quello che apre le porte a chiunque ne abbia abbastanza. Me l'hai insegnato tu.

- Ha l'aspetto di chi non ha lavorato un solo giorno della sua vita! La detesto anche solo per questo.

- Hai ragione – convenne Kuniko abbandonando con delicatezza le posate sul piatto – Io e te invece siamo di tutt'altra pasta.

Il tono ironico non sfuggì a Masashi.

- Certo che lo siamo. Te l'ho detto un milione di volte. Siamo molto più meritevoli noi di tutti questi...

L'uomo aveva abbracciato con gli occhi l'ampia e ricca sala del ristorante, i tavoli occupati da coppie bisbiglianti o piccoli gruppi, tutti clienti dell'albergo. Gente ricca, altolocata, potente e blasonata, spesso tutte queste cose insieme. Ma riportato lo sguardo sulla sua compagna si era bruscamente interrotto. Kuniko sapeva comunicare il suo disappunto in modo molto efficace anche senza parole. Quel dolce volto, agli occhi di lui bello da far male al cuore, sapientemente truccato e illuminato dagli occhi cupi in quel momento era freddo e severo.

Quell'espressione dura, provocato lo stallo emotivo tra i due si sciolse un attimo dopo.

- Detesto darti ragione troppe volte di fila, ma quando è giusto... è giusto.

Accompagnò quelle parole con un misuratissimo cenno di saluto. Masashi intuì e si voltò: quella cafona di Hoshi Nakano non sapeva proprio stare al suo posto. Non paga di aver interrotto il loro pranzo con un biglietto di invito, aveva ora la faccia tosta di presentarsi di persona a sollecitarli. Se ne stava in piedi all'ingresso del ristorante vestita da turista squattrinata con braghette, sandali e canottiera sgargianti. Imbarazzante. L'unico segno distintivo era una costosissima rivista di carta patinata che aveva arrotolato con noncuranza e negligenza e che ora stava sventolando in aria sorridendo giuliva, incurante di rendersi ridicola agli occhi di tutti.


- Sei paranoico.

- Siamo sempre tornati indietro, e mai a mani vuote. Ti dico che questa storia puzza.

Sull'ascensore di servizio che stava calandosi nelle viscere dell'albergo Kuniko si lasciò andare a un sospiro rassegnato.

- Ammetto che ci sono alcune coincidenze, ma...

- Io non credo alle coincidenze. Proprio oggi quella scema salta fuori con il suo uomo e la sua “idea fantastica”.

Dopo il pranzo l'altissima Hoshi Nakano aveva insistito per averli ospiti per un caffè espresso. Avevano subito la presenza ingombrante della donna per pura cortesia e poiché desideravano mantenere un profilo molto basso. Chiacchierare del più e del meno era facile per Kuniko, meno per Masashi e alla fine la logorrea incontenibile della loro conterranea bionda aveva finito col prevalere. Tra ondate di parole inutili era saltato fuori che quel giorno l'insopportabile Hoshi sarebbe stata raggiunta dal marito o compagno che fosse. Un uomo di cui stranamente aveva detto poco o nulla nei giorni precedenti, un'incognita del tutto nuova da calcolare. Come se non bastasse Hoshi col suo fastidioso fare da oca sempre contenta aveva proposto loro di visitare l'esposizione di gioielli che sarebbe stata inaugurata il giorno successivo nel lussuosissimo albergo adiacente a quello in cui erano ospitati. Questo perché ardeva dal desiderio di ammirare la famosissima corona di Ardat Lili, un gioiello unico al mondo. Era stata sparsa la voce che il diadema ospitava incastonate in fasce di oro e platino autentiche pietre preziose terrestri senza pari: su tutte troneggiava un rubino di dimensioni e purezza straordinarie, che dava il nome a tutto il gioiello. Tutto questo proprio il giorno stesso.

- Neutralizziamoli.

- Mi stupisco di te. Non potremmo fare di peggio, direi. Chiunque sarebbe pronto a metterci in relazione con quei due. E ti ricordo che non sappiamo proprio nulla di quel gaijin che la scema ha sicuramente irretito col denaro. O per denaro.

Kuniko tacque per qualche secondo. Masashi aveva ragione. Doveva stare più attenta: abituata alla paranoia del compagno iperprotettivo, rischiava di abbassare la guardia.

- Quindi cosa suggerisci? - si arrese, fiduciosa nella maggiore esperienza di lui.

- Anzitutto dobbiamo cercare tutte le informazioni possibili su questo Eric Valdemort. Se non è una minaccia non faremo proprio nulla. Se invece anche uno solo dei due rappresentasse un pericolo, e secondo me Hoshi Nakano lo è, non potremmo agire indirettamente. È troppo tardi per chiedere aiuto a un professionista serio e l'intervento di un dilettante equivarrebbe a improvvisare noi qualcosa. Sarebbe disastroso. O un diversivo, o nulla.

- Anche un diversivo sarebbe pericoloso.

- Certo – convenne Masashi proprio mentre le porte del trascurato montacarichi si aprivano su un ampio locale male illuminato – dovremo studiarlo bene. Dovranno sembrare tutti eventi scollegati tra loro. Casuali.

- Non sarà facile.

- Nulla è facile di ciò che facciamo. Eppure abbiamo sempre avuto successo.

- Finora – aggiunse Kuniko camminando lieve al suo fianco.

- Finora – ribadì lui dopo una pausa significativa – Ti risparmio la lezioncina, la conosci già. Ora controlliamo l'attrezzatura, da cima a fondo...

- Due volte – sospirò Kuniko. Quella era la parte che avrebbe volentieri delegato a Masashi, pignolo ed esperto.

- Tutte le volte che serve – corresse lui, addentrandosi nella penombra di sagome geometriche accatastate le une sulle altre.


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