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Luca Mannurita

La ragazza sbatté la mano sul ripiano del piccolo negozio di elettrodomestici. I mille anelli e braccialetti tintinnarono insieme.

- Cazzo è questa roba? - esclamò senza curarsi di tenere bassa la voce. Tanto non c'erano altri clienti.

Dietro il bancone l'uomo dai corti capelli bianchi e grigi incurvò un sopracciglio, indifferente.

- Se non ti piace puoi anche dirlo, non è il caso di fare scene drammatiche – ribatté calmo dopo un paio di secondi di silenzio.

- Scherzi? Questa roba spacca! Ne voglio ancora!

Indicò la memoria a bastoncino che giaceva sul ripiano lì dove la mano aveva battuto. Con l'altra ricacciò indietro i lunghi capelli tinti di un vivissimo viola spezzato da sparuti ciuffi biondi. I capelli le scesero sul viso, ribelli e ingovernabili. Sbuffò loro contro da un angolo della bocca. Inclinò poi la testa da un lato per farli penzolare lontano dal viso. L'altra metà del cranio era rasata, la corta peluria rossiccia lasciava vedere la cute bianca.

- Si può fare, ma... - iniziò l'uomo dal volto rugoso segnato dall'età e da una corta barba ormai bianca. Con pollice e indice raggiunse la minuscola memoria anonima, un tipo comune e noto per la sua compatibilità e per il prezzo popolare.

- Ennò, zio! – la ragazza fu svelta come un serpente: batté di nuovo la mano inanellata sul banco proprio sulla memoria a bastoncino sottraendola all'uomo.

- Prima – aggiunse con sguardo di sfida, china verso il negoziante più basso di lei di tutta la testa – mi devi spiegare alcune cosette!

A fatica l'uomo alzò gli occhi dalla maglietta dal collo così ampio da non lasciare dubbi sulle preferenze della ragazza in fatto di abbigliamento intimo e tatuaggi. Mancante il primo, fosforescenti gli altri.

Fissò gli occhi castani e profondi di lei resi cupi e maliziosi dal sapiente uso di trucco nero. Abile e subdola, pensò smarrendosi tra ciglia lunghe e matite nere.

- Tipo?

- Tipo... come mai non c'è traccia di questa roba sulla Rete? Nemmeno M-Shatzz ci capisce un cazzo!

A sentir nominare la celeberrima IA musicale l'uomo accennò un sorriso tra le rughe. M-Shatzz sulla Rete offriva gratis un algoritmo di riconoscimento tra i più precisi e perfezionati. Era noto a tutti e frequentatissimo dai giovani. M-Shatzz aveva accumulato informazioni per anni e anni e si vociferava che il suo database di musica avesse da tempo superato lo zettabyte. La IA stessa gestiva un paio di vocaloidi rockstar da hit-parade che tenevano concerti sia in Rete che dal vivo per i pochi privilegiati che potevano assistere.

- Beh, è musica un po' particolare e... - l'uomo tentennò un poco. Sentì la sua bocca piegarsi in un sorriso aperto e soddisfatto.

- Dai zio, falla breve: quanto vuoi per altri... trenta minuti di questa meraviglia?

La ragazza offrì la memoria stretta tra i polpastrelli di indice e pollice. Innumerevoli braccialetti risuonarono.

- Questa meraviglia non si vende a minuti come la merda cui siete abituati – si sbilanciò il commerciante. La mano tesa, il palmo solcato dalle trincee scavate in una vita. Il bastoncino anonimo vi cadde sopra senza un suono.

- Quindi? - scura in volto la ragazza drizzò la testa così bruscamente che le catenelle dei piercing alle orecchie tintinnarono.

- Quindi ti carico un album intero. Di sicuro più di trenta minuti ma tu mi paghi per trenta. D'accordo?

- Andata – ribatté subito quella senza che il dubbio si fosse spento negli occhi nocciola. Non sapeva esattamente cosa il vecchio intendesse con la parola ”album”. Lo osservò ansiosa sparire nel retro. Cercò di cogliere qualcosa del segreto che l'uomo nascondeva dietro la porticina, ma tutto ciò che i suoi avidi occhi riuscirono a vedere fu un velocissimo scorcio di uno scaffale metallico ingombro di apparecchiature. Quando tornò con la memoria stretta tra le dita lei lo squadrò colma di sospetto.

- Chi mi dice che non l'hai formattata?

L'anziano sbuffò ma si vedeva il sorriso sotto la barba. Posò la memoria sul lettore e avviò la riproduzione. Dai diffusori del piccolo negozio si riversò un torrente di note infuocate, fiamme ossidriche che ricamavano un mare di metallo fuso in tempesta, violente onde modellate a viva forza dai ritmici colpi di un maglio divino. Era un inno di battaglia, una marcia imperiosa e una musica struggente al tempo stesso. La ragazza si sorprese a seguire quel ritmo con tutto il corpo. Voleva ballare: il suo corpo lo chiedeva a gran voce, il cuore voleva balzarle dal petto e il cervello era teso solo a bearsi del ritmo, attento solo di far sì che il corpo non franasse a terra. Il commerciante non ebbe cuore di interrompere la riproduzione prima che quella raggiungesse la sua naturale conclusione.

- Sei un grande! - la ragazza si slanciò entusiasta attraverso il bancone e senza nemmeno essere tanto certa di quello che stava facendo, si aggrappò al vecchio e gli stampò un cupo bacio blu sullo zigomo ossuto. Pochi istanti dopo aveva pagato e se n'era andata via, ancora ballando sulle note che le erano rimaste scolpite nella testa. Negli occhi del vecchio negoziante restava l'ombra di lei, la maglietta troppo larga e la gonna troppo corta che mostrava le lunghe gambe e i collant bucati ad arte con le proibitissime sigarette. Una piccola scintilla di liquida, luminosa felicità brillò.


- Bella, sei sicura che il posto è questo?

Lei scostò i lunghi capelli viola che le scendevano dalla metà della testa dove aveva deciso che non li avrebbe tagliati tanto spesso.

- Bello, ti ci porto a occhi chiusi.

Il giovane si guardò intorno disinvolto e finse di aggiustarsi gli occhiali neri totalmente opachi. Era massiccio e forte, le piaceva anche per quello. Le dava sicurezza. In quel momento ne aveva davvero bisogno.

- Eccolo – disse lui cingendole le spalle con un braccio pesante inguainato in similpelle nera. Aveva un odore particolare: sostanze chimiche e alcolici, deodorante dozzinale e sesso.

Lei gettò uno sguardo oltre la strada dove sapeva che avrebbe visto il loro amico Hussein. Era quasi un bravo ragazzo, solo frequentava compagnie discutibili. Era proprio in virtù di quelle poco oneste conoscenze che loro gli avevano proposto quell'affare.

- Vado – le disse Egon sfiorandole le labbra con un bacio veloce, sciogliendo l'abbraccio.

- Aspetta! - lo afferrò per il polso un attimo prima che fosse fuori tiro. Non era più sicura. Le era sembrato tutto fantastico: dopo aver acquistato la musica si era precipitata a casa di Egon per condividere con lui la gioia. Si erano fatti di gialla insieme e l'estasi della musica si era moltiplicata cento volte sull'onda della droga sintetica che stimolava tutti i sensi al tempo stesso. Avevano fatto l'amore a ritmo: era stato bellissimo, indimenticabile.

Poi Egon aveva violato il computer del negoziante per rubargli la musica. Lei gliel'aveva detto che non era lì che il vecchio la teneva, che aveva un terminale nel retro. Ma come Egon covava la segreta speranza di poter avere altra musica, subito. Da quando era uscita dal negozietto di elettrodomestici dove si era recata il giorno prima per una innocente batteria di ricambio, il suo minipad non aveva smesso di leggere e rileggere quella musica dal bastoncino di memoria. Aveva trovato strano, sospetto il metodo di vendita: la musica si acquistava ormai dalla Rete. I contenuti andavano fruiti on-line: era merce che si acquistava a minuti. Fatta la scelta i server compilavano il brano della lunghezza richiesta e lo trasmettevano. Chi ne desiderava di nuovi avrebbe dovuto pagare altri minuti.

Per il vecchio del negozio invece la musica si divideva in brani e in album la cui lunghezza non era fissa. Era rimasta spiazzata: musica fantastica ma irriconoscibile. Mai udito prima qualcosa di simile. Lei non gli aveva creduto: certa dell'onnipotenza di M-Shatzz, aveva dato un brano in pasto alla IA che però era rimasta senza risposte. Incredibile. Aveva provato a caricarla sui pantagruelici server, ma dopo una raffica di errori mai visti il caricamento era stato annullato dal server di destinazione, il totale di byte trasferiti pari a zero.

Il vecchio aveva ragione su tutto: era musica fortissima, esattamente come piaceva a lei. I suoi amici erano impazziti tutti di felicità. Non era da nessuna parte sulla Rete. Erano sulla memoria a bastoncino e lì sarebbero rimasti, protetti da un sistema anticopia davvero efficace. Il vecchio era stato onesto e quello che loro stavano per fare invece era una vera carognata.

- Tranquilla, il più è già fatto. Ci vorrà poco.

Malvolentieri aveva accolto l'idea di rubare la musica. Troppo tardi. Sia Egon che Hussein, avendo disattivato le difese del negozio e aperto le serrature elettroniche con un attacco informatico al server del palazzo, erano già criminali agli occhi della legge.

La ragazza allentò la stretta e il suo fidanzato le scivolò via dalle mani.

Ansiosa lo seguì con gli occhi mentre entrava nell'atrio affollato anche a quell'ora tarda per via dei locali h24 e di quelli aperti solo di notte. Scomparve inghiottito dalla gente e le si tuffò il cuore.

Cercò di consolarsi accendendo il suo minipad: obbediente quello le riversò direttamente negli impianti dei timpani torrenti di note fiammeggianti, stridenti come il grido di battaglia di un esercito meccanico. I ruggiti di mille carri armati in marcia, inarrestabili.

Ma l'ansia e la paura le stringevano il cuore, rendendo insapore perfino quella speziatissima prelibatezza. Stentava a decollare con le medesime note che l'avevano messa in orbita senza fallire mai il bersaglio. Una vibrazione del suo impianto mascellare spezzò definitivamente l'incantesimo.

- Corri qui subito perché questa devi proprio vederla.

La voce di Egon, un tono che non ammetteva obiezioni. La comunicazione si interruppe subito dopo l'ultima sillaba. Il fatto che lui fosse di buona famiglia e senza problemi di denaro al punto da potersi permettere un comunicatore personale non significava che avesse denaro da spendere in secondi di conversazione inutili. Ci aveva fatto l'abitudine a quelle comunicazioni essenziali, quindi non le restava altro da fare per soddisfare la sua curiosità che muoversi. E in fretta: ogni secondo trascorso in quella condizione di illegalità palese era una spina in più nelle budella.

Quasi tremava quando in mezzo alla gente che gironzolava ovunque aprì la porta del negozietto in pieno orario di chiusura e vi entrò.

Tutto sembrava diverso. Le vetrinette buie, le luci abbassate al minimo, la cassa che mostrava solo il punto decimale lampeggiante. In quella penombra le sagome dei prodotti in vendita si sommavano tra loro dando forma a nuovi, inquietanti oggetti dalle funzioni sconosciute. Le tremavano le gambe e conosceva solo una parola per definire quello stato d'animo: paura.

“Cogliona, non ci volevi nemmeno venire qui e invece eccoti... a tremare per la fifa. È quello che ti meriti” pensò spingendo la porticina bianca che conduceva al retro del negozio.

La fredda luce azzurra dei neon cadeva sugli scaffali ingombri di oggetti tutti uguali. Accatastati uno sull'altro, disposti in file ordinate e verticali tanti piccoli astucci rettangolari di pochi millimetri di spessore. Ce n'erano migliaia, erano ovunque. Quasi ogni superficie orizzontale era gremita di questi oggetti. Astucci di plastica, coloratissimi. In un angolo c'era un portatile interfacciato con alcuni apparecchi impilati l'uno sull'altro. Sul pavimento serpeggiavano misteriosi cavi neri. Lei non ci capì nulla ma non si pose alcun problema: era evidente che quello fosse lo strumento usato per caricare la memoria a bastoncino e tanto le bastava.

- Guarda qua!

Egon si volse verso di lei. Raggiante, aveva in mano uno degli astucci. Lo aprì svelandone il contenuto. Un disco argenteo, a specchio da un lato, stampato in una delle lingue proibite dall'altro. Lei incuriosita lo staccò dal supporto stringendolo per i bordi. La superficie era perfetta e istintivamente non volle sporcarla con le proprie impronte.

- Ecco perché non si trova da nessuna parte... che cazzo di supporti sono questi?

- Oh, cazzo! - escamò Hussein chinandosi ad afferrare qualcosa sotto uno scaffale. Il tono era allarmante.

- Spiegati meglio – lo esortò Egon preoccupato.

- Meglio tipo... armi?

Il ragazzo dai capelli corti e crespi si drizzò: reggeva una custodia rigida di forma insolita. Con tutta probabilità conteneva un fucile di qualche tipo, e di discrete dimensioni.

- Apri, apri!

La ragazza non condivideva affatto l'entusiasmo per le armi. A suo modo di vedere la situazione era di colpo gravemente peggiorata. Ma quando sentì le esclamazioni dei due volle vedere lo stesso di che arma si trattava.

- E questa? Che cazzo ci fa qui? - esclamò Egon.

- Ce ne sono altre... - commentò Hussein chinandosi ancora.

Egon la estrasse dalla custodia. Lucida e brillante come appena fabbricata, un'antica chitarra elettrica in perfetto stato di conservazione. Bianca e nera, bellissima nelle sue forme tonde senza alcuno spigolo ricordava una formosa fanciulla. L'amico dalla pelle olivastra aprì un'altra custodia e ne estrasse il contenuto.

- Questa è più piccola... però ha disegnate le fiamme! È anche un po' rovinata...

- Allora questo è un basso... ma con sei corde?

Specularono un poco sugli oggetti. Ce n'erano degli altri ma il retro del negozio non offriva abbastanza spazio per poter esaminare tutti quegli straordinari reperti. Fino a quel momento avevano saputo della loro esistenza da vecchissimi filmati e da brandelli di documentazione elettronica scampati alla distruzione delle ultime guerre. La musica moderna era interamente sintetica e sempre più spesso i vocaloidi, sempre più raffinati e realistici, sostituivano i cantanti.

- Ragazzi, mettiamo via tutto e andiamocene... non possiamo stare qui tutta la notte! - la ragazza aveva deciso d'un tratto d'averne avuto abbastanza. Il tono le uscì suo malgrado a metà tra il comando e la supplica. Ma ottenne il risultato voluto: i due compagni si riscossero e rimisero tutto in ordine.

- Hai ragione – disse Egon – non siamo ladri: andiamocene via.

Lei che era entrata per ultima nell'angusto retrobottega fu la prima a uscire. Aprì lesta la porticina e fece un balzo all'indietro gridando e portandosi le braccia al petto per lo spavento.

Seduto sul bancone, volto verso di loro c'era il vecchio del negozio.

Se ne stava curvo in avanti come se un peso lo stesse schiacciando, i gomiti puntati sulle cosce e le nodose mani abbandonate tra le ginocchia. Nella destra stringeva senza troppa convinzione una pistola fletcher, la canna rivolta verso il pavimento, l'indice ben lontano dal grilletto.

- Meno male che siete voi, ragazzi. Avevo paura che ci fossero dei ladri.


Il vecchio e la sua musica, sorrise mentre volava sulle ali d'acciaio di una canzone potente come un'astronave da guerra. Immaginava le lunghe canne delle armi fare fuoco nel nero dello spazio mentre boccioli di fuoco tutto intorno fiorivano per estinguersi in pochi istanti. Musica è potenza, si disse, contenta di essere tra i pochi a saperla apprezzare. Aveva buttato nel cesso tutta la gialla che le era rimasta e aveva intimato all'incredulo Egon di fare altrettanto se non voleva trovarsi subito un'altra fidanzata.

Era solo una delle decisioni che aveva preso. Un altro grande proposito che si era posta era di non giudicare mai più qualcuno dalle apparenze. Il vecchio: aveva pensato di fotterlo, di rubargli la musica sotto il naso. Aveva pensato di poterlo fare e basta, che non ci sarebbero state conseguenze. Tanto era solo un vecchio rimbambito. Se n'era pentita subito, ma l'aveva pensato. Invece il vecchio era molto in gamba. Dopo averli pizzicati in flagranza di reato nel suo retrobottega non aveva chiamato gli sbirri. Aveva aperto uno dei mini frigoriferi che aveva in vendita, acceso e pieno di birra, e aveva offerto da bere a tutti.

Avevano chiacchierato a lungo, da amici; la pistola era finita subito in un cassetto. Si erano scusati e a lui pareva andasse bene così. Avevano parlato di musica e il vecchio aveva raccontato loro molte cose interessanti. Avevano molto in comune con quell'uomo dai capelli bianchi e la barba d'argento.

Ma soprattutto avevano la stessa passione.

“Questa musica è tutto ciò di cui ho bisogno”, e cullata tra le braccia nude del suo fidanzato aumentò il volume.

mila
premetto tristemente che faccio parte anche io di quella categoria di giovani "lagnoni" ; ma si avete presente quei giovani disoccupati e depressi che non fanno altro che lamentarsi, spiattellano la loro laurea in faccia agli incompetenti che lavorano senza titoli e aspettano che il lavoro cada su  di loro come la manna dal cielo. Suvvia non facciamo gli ipocriti, a questa rassegnata categoria apparteniamo un po' tutti e pochi, davvero pochi,sono quelli che fanno veramente qualcosa per uscirne.

Ebbene, dopo notti insonni a pensare alla mia situazione e a questo atteggiamento piuttosto presuntuoso, deleterio e soprattutto inutile ho deciso..basta, io non ci sto più!

Ok magari tra un anno, la mia vita sarà ancora la stessa e la disoccupazione continuerà ad affliggermi ma prima di lamentarmi, voglio provare almeno a fare qualcosa per farmi notare e capire se valgo effettivamente quanto credo. Basta aspettare le occasioni, meglio crearsele, se nessuno vuole sentire cosa ho da dire...alzo un po' di più la voce...in fondo se qualche sgallettata fashion blogger ( non tutte, ma qualcuna è sgallettata davvero)è riuscita a farsi notare con qualche selfie, zero senso critico e pressoché nulla conoscenza di storia della moda, tessuti e tagli, perché una "cenerentola qualunque" non potrebbe provare a dimostrare che qualcuno ancora guarda le nuove collezioni degli stilisti alla fashion week ( a cui non è mai invitata ovviamente, ma ormai il mondo è bello perché c'è il web) e non è li solo a instagrammare la sua presenza in prima fila? 

So che l' argomento per molti sarà leggero, futile e a tratti inutile..ma in fondo anche chi si occupa di moda abbraccia un universo artistico che va dalla fotografia al cinema al design e non si limita ad autoscatti che la immortalano con la nuova Louis Vuitton..Per di più ho giurato a me stessa, prima ancora di laurearmi che sarei entrata per qualunque porta nel fashion system quello vero, anche se fosse la porta sul  retro da cui entra la commessa della più piccola Boutique d' Italia,per cui.. Ci PROVO (senza selfies, senza sponsor, senza gossip, senza giveaway............)!

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