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Luca Mannurita

La ragazza sbatté la mano sul ripiano del piccolo negozio di elettrodomestici. I mille anelli e braccialetti tintinnarono insieme.

- Cazzo è questa roba? - esclamò senza curarsi di tenere bassa la voce. Tanto non c'erano altri clienti.

Dietro il bancone l'uomo dai corti capelli bianchi e grigi incurvò un sopracciglio, indifferente.

- Se non ti piace puoi anche dirlo, non è il caso di fare scene drammatiche – ribatté calmo dopo un paio di secondi di silenzio.

- Scherzi? Questa roba spacca! Ne voglio ancora!

Indicò la memoria a bastoncino che giaceva sul ripiano lì dove la mano aveva battuto. Con l'altra ricacciò indietro i lunghi capelli tinti di un vivissimo viola spezzato da sparuti ciuffi biondi. I capelli le scesero sul viso, ribelli e ingovernabili. Sbuffò loro contro da un angolo della bocca. Inclinò poi la testa da un lato per farli penzolare lontano dal viso. L'altra metà del cranio era rasata, la corta peluria rossiccia lasciava vedere la cute bianca.

- Si può fare, ma... - iniziò l'uomo dal volto rugoso segnato dall'età e da una corta barba ormai bianca. Con pollice e indice raggiunse la minuscola memoria anonima, un tipo comune e noto per la sua compatibilità e per il prezzo popolare.

- Ennò, zio! – la ragazza fu svelta come un serpente: batté di nuovo la mano inanellata sul banco proprio sulla memoria a bastoncino sottraendola all'uomo.

- Prima – aggiunse con sguardo di sfida, china verso il negoziante più basso di lei di tutta la testa – mi devi spiegare alcune cosette!

A fatica l'uomo alzò gli occhi dalla maglietta dal collo così ampio da non lasciare dubbi sulle preferenze della ragazza in fatto di abbigliamento intimo e tatuaggi. Mancante il primo, fosforescenti gli altri.

Fissò gli occhi castani e profondi di lei resi cupi e maliziosi dal sapiente uso di trucco nero. Abile e subdola, pensò smarrendosi tra ciglia lunghe e matite nere.

- Tipo?

- Tipo... come mai non c'è traccia di questa roba sulla Rete? Nemmeno M-Shatzz ci capisce un cazzo!

A sentir nominare la celeberrima IA musicale l'uomo accennò un sorriso tra le rughe. M-Shatzz sulla Rete offriva gratis un algoritmo di riconoscimento tra i più precisi e perfezionati. Era noto a tutti e frequentatissimo dai giovani. M-Shatzz aveva accumulato informazioni per anni e anni e si vociferava che il suo database di musica avesse da tempo superato lo zettabyte. La IA stessa gestiva un paio di vocaloidi rockstar da hit-parade che tenevano concerti sia in Rete che dal vivo per i pochi privilegiati che potevano assistere.

- Beh, è musica un po' particolare e... - l'uomo tentennò un poco. Sentì la sua bocca piegarsi in un sorriso aperto e soddisfatto.

- Dai zio, falla breve: quanto vuoi per altri... trenta minuti di questa meraviglia?

La ragazza offrì la memoria stretta tra i polpastrelli di indice e pollice. Innumerevoli braccialetti risuonarono.

- Questa meraviglia non si vende a minuti come la merda cui siete abituati – si sbilanciò il commerciante. La mano tesa, il palmo solcato dalle trincee scavate in una vita. Il bastoncino anonimo vi cadde sopra senza un suono.

- Quindi? - scura in volto la ragazza drizzò la testa così bruscamente che le catenelle dei piercing alle orecchie tintinnarono.

- Quindi ti carico un album intero. Di sicuro più di trenta minuti ma tu mi paghi per trenta. D'accordo?

- Andata – ribatté subito quella senza che il dubbio si fosse spento negli occhi nocciola. Non sapeva esattamente cosa il vecchio intendesse con la parola ”album”. Lo osservò ansiosa sparire nel retro. Cercò di cogliere qualcosa del segreto che l'uomo nascondeva dietro la porticina, ma tutto ciò che i suoi avidi occhi riuscirono a vedere fu un velocissimo scorcio di uno scaffale metallico ingombro di apparecchiature. Quando tornò con la memoria stretta tra le dita lei lo squadrò colma di sospetto.

- Chi mi dice che non l'hai formattata?

L'anziano sbuffò ma si vedeva il sorriso sotto la barba. Posò la memoria sul lettore e avviò la riproduzione. Dai diffusori del piccolo negozio si riversò un torrente di note infuocate, fiamme ossidriche che ricamavano un mare di metallo fuso in tempesta, violente onde modellate a viva forza dai ritmici colpi di un maglio divino. Era un inno di battaglia, una marcia imperiosa e una musica struggente al tempo stesso. La ragazza si sorprese a seguire quel ritmo con tutto il corpo. Voleva ballare: il suo corpo lo chiedeva a gran voce, il cuore voleva balzarle dal petto e il cervello era teso solo a bearsi del ritmo, attento solo di far sì che il corpo non franasse a terra. Il commerciante non ebbe cuore di interrompere la riproduzione prima che quella raggiungesse la sua naturale conclusione.

- Sei un grande! - la ragazza si slanciò entusiasta attraverso il bancone e senza nemmeno essere tanto certa di quello che stava facendo, si aggrappò al vecchio e gli stampò un cupo bacio blu sullo zigomo ossuto. Pochi istanti dopo aveva pagato e se n'era andata via, ancora ballando sulle note che le erano rimaste scolpite nella testa. Negli occhi del vecchio negoziante restava l'ombra di lei, la maglietta troppo larga e la gonna troppo corta che mostrava le lunghe gambe e i collant bucati ad arte con le proibitissime sigarette. Una piccola scintilla di liquida, luminosa felicità brillò.


- Bella, sei sicura che il posto è questo?

Lei scostò i lunghi capelli viola che le scendevano dalla metà della testa dove aveva deciso che non li avrebbe tagliati tanto spesso.

- Bello, ti ci porto a occhi chiusi.

Il giovane si guardò intorno disinvolto e finse di aggiustarsi gli occhiali neri totalmente opachi. Era massiccio e forte, le piaceva anche per quello. Le dava sicurezza. In quel momento ne aveva davvero bisogno.

- Eccolo – disse lui cingendole le spalle con un braccio pesante inguainato in similpelle nera. Aveva un odore particolare: sostanze chimiche e alcolici, deodorante dozzinale e sesso.

Lei gettò uno sguardo oltre la strada dove sapeva che avrebbe visto il loro amico Hussein. Era quasi un bravo ragazzo, solo frequentava compagnie discutibili. Era proprio in virtù di quelle poco oneste conoscenze che loro gli avevano proposto quell'affare.

- Vado – le disse Egon sfiorandole le labbra con un bacio veloce, sciogliendo l'abbraccio.

- Aspetta! - lo afferrò per il polso un attimo prima che fosse fuori tiro. Non era più sicura. Le era sembrato tutto fantastico: dopo aver acquistato la musica si era precipitata a casa di Egon per condividere con lui la gioia. Si erano fatti di gialla insieme e l'estasi della musica si era moltiplicata cento volte sull'onda della droga sintetica che stimolava tutti i sensi al tempo stesso. Avevano fatto l'amore a ritmo: era stato bellissimo, indimenticabile.

Poi Egon aveva violato il computer del negoziante per rubargli la musica. Lei gliel'aveva detto che non era lì che il vecchio la teneva, che aveva un terminale nel retro. Ma come Egon covava la segreta speranza di poter avere altra musica, subito. Da quando era uscita dal negozietto di elettrodomestici dove si era recata il giorno prima per una innocente batteria di ricambio, il suo minipad non aveva smesso di leggere e rileggere quella musica dal bastoncino di memoria. Aveva trovato strano, sospetto il metodo di vendita: la musica si acquistava ormai dalla Rete. I contenuti andavano fruiti on-line: era merce che si acquistava a minuti. Fatta la scelta i server compilavano il brano della lunghezza richiesta e lo trasmettevano. Chi ne desiderava di nuovi avrebbe dovuto pagare altri minuti.

Per il vecchio del negozio invece la musica si divideva in brani e in album la cui lunghezza non era fissa. Era rimasta spiazzata: musica fantastica ma irriconoscibile. Mai udito prima qualcosa di simile. Lei non gli aveva creduto: certa dell'onnipotenza di M-Shatzz, aveva dato un brano in pasto alla IA che però era rimasta senza risposte. Incredibile. Aveva provato a caricarla sui pantagruelici server, ma dopo una raffica di errori mai visti il caricamento era stato annullato dal server di destinazione, il totale di byte trasferiti pari a zero.

Il vecchio aveva ragione su tutto: era musica fortissima, esattamente come piaceva a lei. I suoi amici erano impazziti tutti di felicità. Non era da nessuna parte sulla Rete. Erano sulla memoria a bastoncino e lì sarebbero rimasti, protetti da un sistema anticopia davvero efficace. Il vecchio era stato onesto e quello che loro stavano per fare invece era una vera carognata.

- Tranquilla, il più è già fatto. Ci vorrà poco.

Malvolentieri aveva accolto l'idea di rubare la musica. Troppo tardi. Sia Egon che Hussein, avendo disattivato le difese del negozio e aperto le serrature elettroniche con un attacco informatico al server del palazzo, erano già criminali agli occhi della legge.

La ragazza allentò la stretta e il suo fidanzato le scivolò via dalle mani.

Ansiosa lo seguì con gli occhi mentre entrava nell'atrio affollato anche a quell'ora tarda per via dei locali h24 e di quelli aperti solo di notte. Scomparve inghiottito dalla gente e le si tuffò il cuore.

Cercò di consolarsi accendendo il suo minipad: obbediente quello le riversò direttamente negli impianti dei timpani torrenti di note fiammeggianti, stridenti come il grido di battaglia di un esercito meccanico. I ruggiti di mille carri armati in marcia, inarrestabili.

Ma l'ansia e la paura le stringevano il cuore, rendendo insapore perfino quella speziatissima prelibatezza. Stentava a decollare con le medesime note che l'avevano messa in orbita senza fallire mai il bersaglio. Una vibrazione del suo impianto mascellare spezzò definitivamente l'incantesimo.

- Corri qui subito perché questa devi proprio vederla.

La voce di Egon, un tono che non ammetteva obiezioni. La comunicazione si interruppe subito dopo l'ultima sillaba. Il fatto che lui fosse di buona famiglia e senza problemi di denaro al punto da potersi permettere un comunicatore personale non significava che avesse denaro da spendere in secondi di conversazione inutili. Ci aveva fatto l'abitudine a quelle comunicazioni essenziali, quindi non le restava altro da fare per soddisfare la sua curiosità che muoversi. E in fretta: ogni secondo trascorso in quella condizione di illegalità palese era una spina in più nelle budella.

Quasi tremava quando in mezzo alla gente che gironzolava ovunque aprì la porta del negozietto in pieno orario di chiusura e vi entrò.

Tutto sembrava diverso. Le vetrinette buie, le luci abbassate al minimo, la cassa che mostrava solo il punto decimale lampeggiante. In quella penombra le sagome dei prodotti in vendita si sommavano tra loro dando forma a nuovi, inquietanti oggetti dalle funzioni sconosciute. Le tremavano le gambe e conosceva solo una parola per definire quello stato d'animo: paura.

“Cogliona, non ci volevi nemmeno venire qui e invece eccoti... a tremare per la fifa. È quello che ti meriti” pensò spingendo la porticina bianca che conduceva al retro del negozio.

La fredda luce azzurra dei neon cadeva sugli scaffali ingombri di oggetti tutti uguali. Accatastati uno sull'altro, disposti in file ordinate e verticali tanti piccoli astucci rettangolari di pochi millimetri di spessore. Ce n'erano migliaia, erano ovunque. Quasi ogni superficie orizzontale era gremita di questi oggetti. Astucci di plastica, coloratissimi. In un angolo c'era un portatile interfacciato con alcuni apparecchi impilati l'uno sull'altro. Sul pavimento serpeggiavano misteriosi cavi neri. Lei non ci capì nulla ma non si pose alcun problema: era evidente che quello fosse lo strumento usato per caricare la memoria a bastoncino e tanto le bastava.

- Guarda qua!

Egon si volse verso di lei. Raggiante, aveva in mano uno degli astucci. Lo aprì svelandone il contenuto. Un disco argenteo, a specchio da un lato, stampato in una delle lingue proibite dall'altro. Lei incuriosita lo staccò dal supporto stringendolo per i bordi. La superficie era perfetta e istintivamente non volle sporcarla con le proprie impronte.

- Ecco perché non si trova da nessuna parte... che cazzo di supporti sono questi?

- Oh, cazzo! - escamò Hussein chinandosi ad afferrare qualcosa sotto uno scaffale. Il tono era allarmante.

- Spiegati meglio – lo esortò Egon preoccupato.

- Meglio tipo... armi?

Il ragazzo dai capelli corti e crespi si drizzò: reggeva una custodia rigida di forma insolita. Con tutta probabilità conteneva un fucile di qualche tipo, e di discrete dimensioni.

- Apri, apri!

La ragazza non condivideva affatto l'entusiasmo per le armi. A suo modo di vedere la situazione era di colpo gravemente peggiorata. Ma quando sentì le esclamazioni dei due volle vedere lo stesso di che arma si trattava.

- E questa? Che cazzo ci fa qui? - esclamò Egon.

- Ce ne sono altre... - commentò Hussein chinandosi ancora.

Egon la estrasse dalla custodia. Lucida e brillante come appena fabbricata, un'antica chitarra elettrica in perfetto stato di conservazione. Bianca e nera, bellissima nelle sue forme tonde senza alcuno spigolo ricordava una formosa fanciulla. L'amico dalla pelle olivastra aprì un'altra custodia e ne estrasse il contenuto.

- Questa è più piccola... però ha disegnate le fiamme! È anche un po' rovinata...

- Allora questo è un basso... ma con sei corde?

Specularono un poco sugli oggetti. Ce n'erano degli altri ma il retro del negozio non offriva abbastanza spazio per poter esaminare tutti quegli straordinari reperti. Fino a quel momento avevano saputo della loro esistenza da vecchissimi filmati e da brandelli di documentazione elettronica scampati alla distruzione delle ultime guerre. La musica moderna era interamente sintetica e sempre più spesso i vocaloidi, sempre più raffinati e realistici, sostituivano i cantanti.

- Ragazzi, mettiamo via tutto e andiamocene... non possiamo stare qui tutta la notte! - la ragazza aveva deciso d'un tratto d'averne avuto abbastanza. Il tono le uscì suo malgrado a metà tra il comando e la supplica. Ma ottenne il risultato voluto: i due compagni si riscossero e rimisero tutto in ordine.

- Hai ragione – disse Egon – non siamo ladri: andiamocene via.

Lei che era entrata per ultima nell'angusto retrobottega fu la prima a uscire. Aprì lesta la porticina e fece un balzo all'indietro gridando e portandosi le braccia al petto per lo spavento.

Seduto sul bancone, volto verso di loro c'era il vecchio del negozio.

Se ne stava curvo in avanti come se un peso lo stesse schiacciando, i gomiti puntati sulle cosce e le nodose mani abbandonate tra le ginocchia. Nella destra stringeva senza troppa convinzione una pistola fletcher, la canna rivolta verso il pavimento, l'indice ben lontano dal grilletto.

- Meno male che siete voi, ragazzi. Avevo paura che ci fossero dei ladri.


Il vecchio e la sua musica, sorrise mentre volava sulle ali d'acciaio di una canzone potente come un'astronave da guerra. Immaginava le lunghe canne delle armi fare fuoco nel nero dello spazio mentre boccioli di fuoco tutto intorno fiorivano per estinguersi in pochi istanti. Musica è potenza, si disse, contenta di essere tra i pochi a saperla apprezzare. Aveva buttato nel cesso tutta la gialla che le era rimasta e aveva intimato all'incredulo Egon di fare altrettanto se non voleva trovarsi subito un'altra fidanzata.

Era solo una delle decisioni che aveva preso. Un altro grande proposito che si era posta era di non giudicare mai più qualcuno dalle apparenze. Il vecchio: aveva pensato di fotterlo, di rubargli la musica sotto il naso. Aveva pensato di poterlo fare e basta, che non ci sarebbero state conseguenze. Tanto era solo un vecchio rimbambito. Se n'era pentita subito, ma l'aveva pensato. Invece il vecchio era molto in gamba. Dopo averli pizzicati in flagranza di reato nel suo retrobottega non aveva chiamato gli sbirri. Aveva aperto uno dei mini frigoriferi che aveva in vendita, acceso e pieno di birra, e aveva offerto da bere a tutti.

Avevano chiacchierato a lungo, da amici; la pistola era finita subito in un cassetto. Si erano scusati e a lui pareva andasse bene così. Avevano parlato di musica e il vecchio aveva raccontato loro molte cose interessanti. Avevano molto in comune con quell'uomo dai capelli bianchi e la barba d'argento.

Ma soprattutto avevano la stessa passione.

“Questa musica è tutto ciò di cui ho bisogno”, e cullata tra le braccia nude del suo fidanzato aumentò il volume.

Luca Mannurita

Si puntellò sulla zappa posata al suolo. Zania aveva picchiato duro per tutto il giorno, lei era in ritardo col lavoro e gli automi agricoli della cooperativa non si erano ancora visti. Il suo fisico era forte e robusto ma aveva i suoi limiti. Mentre madida di sudore riprendeva il fiato valutò con gli occhi i progressi compiuti quel giorno. I solchi non erano dritti e in diversi punti nemmeno profondi. Avrebbe dovuto ispezionarli tutti e rimediare ove necessario. Il che significava percorrere a piedi diversi kli sotto i raggi impietosi del sole e zappare di più.

Non era il lavoro a spaventarla. Stirò i muscoli irrigiditi e bevve dalla borraccia che portava appesa al cinturone degli attrezzi. Dette uno sguardo alla rassicurante sagoma della sua abitazione e, al pensiero del lungo bagno con cui avrebbe concluso la giornata, impugnata la zappa l'alzò sopra la testa e la piantò con forza nella terra.

- Grande Madre – bisbigliò a denti stretti per risparmiare il fiato – concedimi un buon raccolto... e magari anche un automa o due...

Zappò di buona lena dandosi solo brevi soste e vibrando colpi potenti, decisa a spingere l'attrezzo a una profondità sufficiente. Come spesso le succedeva, la fatica la entusiasmava: mettere alla prova la propria potenza fisica la faceva stare bene. Era orgogliosa di essere una coltivatrice: bagnare col sudore la terra, non solo in senso figurato, le dava un senso di appartenenza che la appagava tantissimo.

Un rumore lontano la fece fermare. Alzò la testa dal lavoro e drizzò la schiena muscolosa. Erano gli automi della società agricola, finalmente. Li osservò mettersi al lavoro senza indugio. Il primo cominciò lì vicino avendo giudicato il suo lavoro non sufficiente; un altro andò dritto al lato opposto del campo, quello che lei avrebbe raggiunto zappando instancabilmente solo di lì a qualche giorno. Li vide sopraggiungere coi ferri spianati: lame e dischi che avrebbero scavato e rivoltato il terreno nel modo corretto, alla giusta profondità, alla velocità migliore.

Mai troppo tardi, si disse voltando le spalle agli automi dorati, sporchi di terra e impolverati. Seliana, puoi andare a goderti l'agognato bagno, pensò soddisfatta volgendo il viso ai raggi di Zania, forti e caldi nonostante fosse ormai bassa sull'orizzonte. Si incamminò verso casa abbandonando al loro lavoro gli automi che già muggivano per lo sforzo, le luci accese e le lame affondate nel fertile terreno.

Lasciò scorrere gli occhi sulle forme tondeggianti delle tre cupole che si univano a formare la sua casa. La superficie tecnologica assorbiva la pigra luce solare per conservarla, trasformarla e restituirla a comando. Già il cielo buio si sollevava sopra l'orizzonte all'inseguimento di Zania che ostinata illuminava d'oro la campagna. Nulla si muoveva e le luci ancora non erano accese.

Proprio in quell'istante una bimba spuntò da dietro la casa. Sporca di terra fino alle ginocchia e oltre i gomiti, appena la vide cominciò a correrle incontro strillando felice “madre, madre!”. Aveva da poco superato i cinque cicli maggiori d'età ma non aveva ancora perso i tipici tratti bambineschi: le membra piene e i lineamenti tondi della fanciullezza, anche se ormai di statura era prossima ad arrivarle alla vita. Aveva di certo ereditato dalla madre la robusta costituzione e l'altezza.

Seliana allargò le braccia per accoglierla e la piccola senza frenare lo slancio le saltò al collo. Per sostenerla le mise un braccio sotto le natiche ruvide di terriccio. La bimba si aggrappò serrandosi forte ai fianchi coi talloni e Seliana la strinse al seno. Voleva farle sentire più intensamente il calore dell'affetto che le albergava nel petto e che si sprigionava tutte le volte che vedeva la piccola sorridere così.

- Madre! Sei tutta scivolosa - protestò la piccoletta pigolando con la sua acuta voce infantile. Per tutta risposta Seliana la coprì di amorevoli baci sulla testa, sulle guance e infine sul collo, soffermandosi ad assaporare con le labbra le pulsazioni dei cuoricini impazziti.

- È questo che ti ho insegnato?

Quella voce severa! Era stata preceduta dalla ben nota aura di Ezil, sorella di sangue di Seliana. Condivideva con lei gli splendidi occhi color del corallo e l'altezza, ma non certo la potenza fisica. Mentre Seliana affrontava qualsiasi lavoro a cuor leggero, Ezil si occupava della maggioranza delle faccende domestiche e dell'orto. In più badava alla piccola Juni quando la madre era nei campi. Non perdendo un'occasione per cercare di allontanarla dalla Nuova Era.

Seliana spostò lo sguardo dalla sorella che sopraggiungeva alla figlia. Quella si era scostata ma le teneva una mano sul petto, restia a interrompere il contatto fisico. Abbassò gli occhietti, intimidita.

- Su, racconta... cosa ti ha insegnato madre Ezil? - la incoraggiò con voce morbida.

La bimba accennò il broncio. Si vergognava.

- Da brava... come si saluta? - la esortò Ezil, pacata ma severa.

- Sono vostra serva, madre! - disse infine la bimba tutto d'un fiato, sbagliando l'intonazione. Era chiaro che l'aveva fatto perché spinta da Ezil e non per ragioni più sentite. Seliana non poté evitare una veloce occhiataccia alla sorella, sforzandosi di non far trasparire il suo disappunto. La figlia in braccio se ne sarebbe accorta senza dubbio.

- Che hai fatto nell'orto tutto il giorno? - la incalzò subito Seliana cambiando discorso nel tentativo di sciogliere il broncio che la piccina aveva messo. Juni si illuminò di nuovo riempendo il petto della madre di gioia e orgoglio.

- Ho visto un leymur!

- E quanto era grande? - la canzonò.

La figlioletta spalancò le braccia per indicare la dimensione massima che potesse concepire. Seliana lanciò un fugace sguardo interrogativo alla sorella che sorridente approssimava un segmento molto più modesto con le dita di una mano. I leymur erano rettili timidi e pacifici: avevano già dimostrato in passato di gradire le buone verdure faticosamente coltivate da Ezil e più volte avevano dovuto scacciarli. Il più grosso mai avvistato da lei però non era più grande di una gamba ed era fuggito a tutta velocità quando era stato scoperto a saccheggiare l'orto.

Juni si agitò, d'un tratto desiderosa di sciogliere l'abbraccio della madre. Dichiarando con entusiasmo l'intento di voler catturare un leymur corse dentro l'orto come una saetta.

- Come invidio tutta la sua energia – confessò Ezil intenerita al punto che Seliana ebbe un netto moto empatico nei suoi confronti. Per un attimo si sentì quasi una matriarca: capace di dominare emozioni e di esprimersi telepaticamente a suo piacimento. Ma sapeva bene che le capacità psi nella sua famiglia erano al lumicino.

In quel mentre il rumore di un veicolo si affiancò al monotono e lontano mugghiare degli automi della società agricola interrompendo il momento di tenerezza fra le due sorelle di sangue.

- Che seccatura questa deviazione – sbottò Ezil. Erano abituate al silenzio pressoché totale lì, in aperta campagna. A interrompere i suoni della natura c'era solo il basso ronzare degli automi e l'occasionale sorvolo di qualche velivolo militare proveniente dalla vicina base. Da diversi cicli a quella parte però la quieta strada che passava a meno di mezzo kli dall'ingresso della loro proprietà era divenuta di colpo trafficata e rumorosa a causa di lavori sull'arteria principale.

Il motore si fece più vicino rivelandosi quello di un veicolo di notevoli dimensioni. Ma a preoccupare le due sorelle di sangue fu la certezza che il veicolo era diretto lì.

Lo videro incedere maestoso lungo la strada sterrata, uscendo lentamente dall'ultima curva sollevando due ali di polvere gialla. Era enorme. Un veicolo di rappresentanza di qualche matriarcato. Aveva ruote massicce lisce al centro e col battistrada profondamente scolpito ai lati; le ruote erano montate su cerchi aerodinamici. Era già una dura prova per la loro pazienza il fatto che fosse giunto fin lì: con quelle ruote enormi, quel pesantissimo veicolo avrebbe potuto arrecar loro dei danni. Evidentemente le matriarche si sentono al di sopra anche delle buone maniere, pensò Seliana: un'onda di stizza le montava dentro. Il veicolo si fermò a pochi passi da un limite invisibile oltrepassato il quale l'invasiva presenza sarebbe divenuta un'intollerabile offesa. I portelli tardarono ad aprirsi, mossa studiata per dare tempo alle due sorelle di valutare l'aspetto del veicolo. Seliana richiamò la figlia e la tenne avanti a sé, entrambe le mani posate sulle sottili spalle di quella che irrequieta continuava a torcersi verso la madre e a fare domande.

I portelli anteriori si aprirono. Venne estesa una corta passerella che sfiorava appena il terreno polveroso e finalmente dal veicolo a ruote multiple uscì una sorella.

- Vuoi lasciar parlare me, per una volta? - sibilò Ezil appena udibile. Ardeva dal desiderio di mostrarsi degna delle inattese ospiti.

- Per la Dea, non provare ad aprire bocca se non te lo chiedo io – ringhiò di rimando Seliana a denti stretti: temeva che Ezil si sarebbe prostrata in tutto e per tutto a quelle seccatrici. Ma più di ogni altra cosa la infastiva la consapevolezza che la sorella la ritenesse inadeguata alla situazione.

- Sono vostra serva, madre.

La giovane sorella che le fronteggiava al saluto si era fermata a rispettosa distanza e le fissava inespressiva. Alle sue spalle altre sue coetanee sbarcavano dall'imponente veicolo ma senza allontanarsene.

Seliana la squadrò da capo a piedi: era certamente membro di qualche matriarcato molto importante. Non si era mai data pena di tenere a mente i tatuaggi dei matriarcati più autorevoli della zona ma quelli ostentati dalla giovane le erano del tutto nuovi. Non era di quelle parti.

Agli occhi delle due contadine la giovane era semplicemente splendida. Il fisico armonioso e perfetto, la pelle dolcemente maculata e ornata da tatuaggi finissimi e pitture corporee tra le più belle che avessero mai visto. Seliana non si curava molto della propria pelle scurita dal vigore di Zania, né badava a frivolezze come i tatuaggi. Ne aveva ben pochi: il semplice simbolo della procreazione benedetta le ornava la liscia pelle dell'inguine; con esso celebrava la nascita di Juni. Pochi semplici simboli, variazioni di quelli della dea Zaideena tatuati nelle opportune posizioni esaltavano la sua potenza fisica. Ezil era molto più attenta alla tradizione: era più tatuata della sorella maggiore e si ostinava a curare molto le proprie pitture, ma i segni che mostrava non potevano rivaleggiare nemmeno per un istante con quelli delle matriarche.

Se da un lato agli occhi della giovane le due contadine non avevano segreti, quella rimaneva un mistero imperscrutabile.

- Una visita inattesa – esordì Seliana infrangendo un paio di protocolli minori. Sentì la sorella di sangue trasalire al suo fianco ma nessun altro parve fare caso a quella piccola insolenza.

- Perdonate l'intrusione, madre. Il nostro veicolo ha un guasto al sistema di navigazione e la deviazione dalla strada principale ci ha portate fin qui. Procediamo alla cieca e tutto ciò che chiediamo sono indicazioni per raggiungere la città sicura di Anaman.

- Il vostro bel veicolo non ha problemi – le rassicurò Seliana, ma senza benevolenza né sorrisi – è la base militare qui vicino che si prende gioco dei vostri sistemi. A volte perfino gli automi agricoli risentono delle loro armi elettroniche.

Istintivamente si voltò verso le macchine che finalmente lavoravano la terra in sua vece: mugghiavano lontane, i fari accesi, indaffarate e instancabili. Avevano già lavorato un buon tratto del suo grande campo e se avessero continuato a quel ritmo avrebbe seminato il giorno dopo. Rammentò la fatica che aveva fatto per zappare qualche misero solco e un istante dopo si rese conto del proprio acre odore corporeo. Ecco che le nuove arrivate, inopportune e indesiderate, già provocavano i primi danni. Belle e profumate com'erano la stavano facendo sentire a disagio. Proprio lei che era abituata a vantarsi di faticare e sudare, lei che considerava la propria vita modesta e sincera come fonte di grande orgoglio, lei che aveva spalancato le braccia alla Nuova Era! Non poteva tradire così quel timido, tardivo segno di consapevolezza che finalmente sembrava poter scuotere e svegliare la Sorellanza intera. Pari diritti, pari doveri, fine dell'onnipotenza dei matriarcati. Questo il sogno, ancora poco condiviso, di Seliana la contadina.

- Tornate pure indietro sulla strada principale e continuate a seguirla senza mai deviare – concluse Seliana – vi porterà alla città piccola di Oushai. Lì, alla Dea piacendo, troverete un aiuto maggiore del mio.

La bella giovane parve esitare. Che avesse percepito in lei l'ardore per il lavoro? No, non lo credeva. Forse è disgustata dall'odore. O, la Dea mi perdoni, ha capito di essere poco gradita. Seliana si sforzò di chiudere il più possibile la mente pur consapevole che la giovane che stava affrontando, appartenente di certo a un matriarcato potente, avrebbe potuto spazzare via la sua misera difesa e leggerle dentro con facilità.

- La vostra gentilezza ci onora tutte, madre – Seliana riconobbe con sollievo la comune formula di commiato.

- Buona vita – rispose, restituendo come meglio poté l'aggraziato inchino che la giovane nobile le rivolse prima di tornare al veicolo dove le sue pari l'attendevano in silenzio.

- Come sono belle, madre! - cantilenò la piccola Juni tendendo le braccia verso il viso della genitrice. Seliana la issò senza sforzo e la strinse al seno. Dopo pochi istanti il veicolo delle matriarche si rimise in moto rombando cupamente e la piccola si contorse tra le braccia della madre per vederlo ripartire. Il metallo decorato finemente scintillò sotto gli ultimi raggi di Zania e sparì alla vista.

- Anch'io voglio essere come loro! - esclamò la bimbetta.

- Cosa desideri di più? - la interrogò la madre scherzosa – Essere bellissima, o essere una matriarca molto importante e avere tante cose belle come quel veicolo?

- Tutto! - rispose Juni con l'entusiasmo di cui solo i fanciulli più giovani sono capaci.

- Quando avrai avuto tutto – si intromise Ezil – che mai sarà della tua povera madre? La abbandonerai per sempre?

Incupita dalla domanda troppo adulta Juni si paralizzò, fissando su Ezil gli occhi accesi come braci. Seliana sentì bene come il tormento della difficile scelta stesse dibattendosi nella testolina della figlia, un seme troppo grande per quel vaso ancora così piccolo. Seliana fu contrariata dall'intervento della sorella e fece in modo che quella se ne accorgesse senza incertezza.

- Su, su! Manca ancora un bel po' al tempo in cui sarai anche tu cresciuta come loro.

Ma quella doveva aver ereditato dalla genitrice anche la testardaggine.

- Quanto?

- Tanto.

- Tanto quanto? - insistè la piccola carezzando i capelli della madre come faceva per farsi concedere un capriccio.

- Tantotantissimo – rispose quella scherzosa – Ora andiamo a lavarci tutte e tre insieme perché siamo coperte di terra e polvere fino agli occhi.

Camminarono fino all'abitazione che le accolse col tepore secco della stagione troppo poco piovosa. Le pareti tecnologiche conservavano gli ultimi raggi di Zania esaltando il calore che possedevano. Avrebbero fornito luce e calore a comando, alimentando i servizi offerti dalla tecnologia senza timore di esaurimento.

Fecero un lungo bagno lavandosi a vicenda e premiandosi col tocco ristoratore della spugna viva. La placida creatura con le proprie secrezioni curò la loro pelle dalle offese della furia di Zania e indusse nelle tre calma e serenità.

Mangiarono cibo stando ben attente a non esagerare in nulla per non offendere la Dea e poi, stanche per la giornata di lavoro, si ritirarono per la notte.

Seliana depose nell'alcova la piccola Juni che le si era addormentata tra le braccia poco dopo il pasto. Un sonno leggero da cui si svegliò non appena la madre l'ebbe adagiata sulle imbottiture. Si affrettò a chiuderle gli occhi appoggiandovi teneri baci, ma la piccola dispettosa si aggrappò al collo della genitrice.

- Madre – le sussurrò con voce arrochita dal sonno – devo dirti una cosa...

- Va bene, ma poi dormi senza altre discussioni.

Seliana sentì qualcosa di cupo agitarsi dentro il cuore della figlia. Doveva rassegnarsi al fatto che la piccola Juni sarebbe cresciuta e divenuta adulta. Avrebbe fatto delle scelte e, per la durezza della vita nei campi, avrebbe facilmente scelto di abbandonare la casa e la madre, ora venerata. Sarebbe tornata un giorno a bordo di un possente veicolo, mostrandosi a lei splendidamente ornata da tatuaggi finissimi e pitture deliziose? Chi poteva dirlo? Sia la volontà della Dea, concluse. Il futuro è qualcosa contro cui non si può combattere.

- Sei bellissima tantotantissimo!

Seliana sentì il petto come se stesse per scoppiare gonfio e caldo d'affetto com'era. Sentì di non essersi controllata: quando stava con la figlia non ci riusciva mai. Lesse facilmente il riflesso di tutto quel traboccante calore nella figlioletta e nella sorella Ezil che sopraggiunse subito, attratta dal bel momento.

- Adesso però dormi – cercò di sembrare severa ma dalle labbra le uscì un sussurro colmo di passione. Osservò la piccina raggomitolarsi alla ricerca della posizione migliore per il sonno: il petto quasi le doleva per la commozione.

Si ritirò subito nella sua alcova e accolse tra le braccia Ezil che le si presentò dopo pochi istanti, colma di placida gioia e splendente. Un momento così bello andava vissuto fino in fondo, con la benedizione della Dea.

MĒRE
Ecco fuori COME UN AEREO.. commentate e condividetelo tutti.. 

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Buon ascolto a tutti.. non perdetevi le prossime novità.. sto lavorando per voi ;)

Pasquale C
Ciao a tutti!


Mi chiamo Pasquale e sono uno studente del DAMS di Roma Tre.

La mia passione è recitare: amo il teatro e mi esibisco da quando avevo 11 anni...


Ho partecipato a vari tipi di eventi pubblici, sia in "piazza" che in Aditorium e teatri.


Non ho un genere di esibizione preferito: l'importante è che ci sia da recitare e sono pronto a dare il meglio di me!


In più, sono il cantante di una cover band, di genere rock:

https://www.facebook.com/Straight-Leg-976367639093366/?fref=ts


Sonoin cerca di una compagnia di teatro a Roma, e ho tempo a sufficienza per dedicarle impegno e quanto altro serve per un tale lavoro.


Sono disposto a presentarmi per un colloquio e ad esibirmi per un provino.


...grazie per l'attenzione e a presto! ;)


Pasquale

Pasquale Dic 2 '15 · Voti: 5
Antonio Fazio C

Antonio Fazio inizia la sua carriera artistica nel 2003 debuttando in teatro con lo spettacolo I Polacchi, diretto da Marco Martinelli (Teatro delle Albe), che lo vede impegnato in una tournée durata tre anni sui più importanti palcoscenici d'Europa (Ravenna, Napoli, Wroclaw, Sarajevo, Lisbona, Lille, Zurigo, Berlino) recitando accanto al "Premio Ubu" Ermanna Montanari.

Ha studiato recitazione a Roma al Teatro Blu con Beatrice Bracco e dizione e impostazione della voce con Giorgia Trasselli.Ha studiato canto con Enrico D'Amore.
Ha seguito stage e corsi di recitazione e canto a Roma, Torino e Milano con Bernard Hiller, Marco Blanchi, Margaret Pikes, Michele Fischietti e Sabino Civilleri.

In teatro è stato diretto da Giorgia Trasselli, Gianni De Feo, Patrizia La Fonte, Luca Gaeta, Angela Malfitano, Anadela Serra Visconti, Renato Capitani, Danilo Canzanella e in particolare tra i lavori più importanti: Nanà diretto da Antonio Salines e il musical Salon Kitty diretto da Riccardo Cavallo (scritto da Riccardo Reim e prodotto da Gigi Proietti).

Ha ideato, diretto e interpretato i reading teatrali: Verso i sentieri della bellezza (nel ruolo di Dorian Gray) e Rock Orlando (nel ruolo di Orlando in una rivisitazione rock dell'Orlando Furioso).

Interpreta Renato Zero, nelle ricostruzioni della sua vita, all'interno del programma televisivo di Rai Due Emozioni.

Al cinema è attore in Exit una storia personale diretto da Max Amato (in programmazione nei cinema di Parigi) ed è il protagonista di Interno 4 diretto da Giuseppe Andreozzi.
E' stato diretto in diversi cortometraggi da Francesco Apolloni, Sergio Stivaletti, Edo Tagliavini, Joe Verni.
Assieme a Sara D'Amario e Vincenzo Bocciarelli è uno dei protagonisti del cortometraggio Alba diretto da Giorgia Farina e presentato alla 65. Mostra del Cinema di Venezia.

Ha prestato la sua voce a diverse performance, presentazioni e convegni collaborando con Sonia Grey, Alma Daddario, Luca Gaeta, Denis Guerrini, Daniela Pezzi ed Enisa Bukvic.

Antonio Fazio Giu 17 '15
Max Serradifalco
Avere amore per la Terra e saperla rappresentare non è un gesto consueto. Tutto ciò deriva da una forte presa di coscienza dell'epoca in cui stiamo vivendo, dove l'incuria ed il non rispetto della natura ci stanno portando verso una non più lenta autodistruzione. Molti sembrano essere ignari del nostro destino, come se non conoscessero le bellezze del nostro mondo, quelle bellezze che Max Serradifalco è riuscito a riportare alla luce in una veste del tutto innovativa, lanciando un sensibile grido di speranza per la salvaguardia del nostro patrimonio. Avvalendosi di una delle tecnologie più utilizzate del nostro tempo (Internet ed in special modo il quasi monopolista motore di ricerca Google con la sua applicazione Maps), Max ha virtualmente girovagato per tutto il nostro pianeta alla ricerca di luoghi dalle caratteristiche molto diverse fra loro, ma soprattutto alla scoperta di un nuovo modo di osservare e reinterpretare ogni angolo della Terra. Osservando le immagini satellitari che Max ha selezionato non si può che rimanere incantati dai vari paesaggi raccolti che a prima vista ricordano astratti quadri ricchi di materia. Quella materia non è altro che il nostro territorio che oggi, grazie alle nuove tecnologie, ma soprattutto con il lavoro dell'artista possiamo sentire più vicino nonostante magari si trovi a chilometri di distanza dal luogo dove viviamo. Le opere di Max riprendono un lavoro di sperimentazione sull'utilizzo dei satelliti iniziato da Naim June Paik negli anni sessanta e proseguito da molti altri artisti come Douglas Davis, Kit Galloway e Sherrie Rabinowitz che hanno utilizzato la comunicazione a distanza per realizzare le loro opere nelle quali si creava un forte rapporto di interazione fra l'artista ed il pubblico. E' con lo stesso media e con la stessa voglia di trasportare il pubblico in un meraviglioso viaggio virtuale che Max ha ideato la sua Web Landscape Photography, un'arte che abbatte ogni confine dello spazio e del tempo. L'artista infatti ci regala la chiave per scoprire la nostra Terra, per saperla amare e per sentirsi più vicini. Ammirando le sue fotografie e sia ha come l'impressione di aver vissuto in un solo momento tanti posti diversi dall'Australia, alla Tanzania, alla laguna di Venezia, alla Siberia, alla Groenlandia e molte altre località dei sei continenti. Con le sue immagini si vive una sorta di telepresenza, quella che Lev Manovich definisce il mezzo “non per creare un nuovo oggetto, ma per accedervi, per allacciare relazioni, per osservare ciò che avviene in un luogo remoto...”. Luoghi remoti che Max Serradifalco nonostante li abbia osservati tramite il computer e  fotografati tramite il satellite, ha deciso di non contaminare con l'utilizzo di ulteriori mezzi digitali,  lasciandoli integri nella loro purezza e nella loro splendida unicità. Un lavoro quindi di grande e rivoluzionario impatto estetico, ma al tempo stesso un forte e coraggioso monito nei confronti dei paradisi terrestri di cui Max ci guida alla scoperta. (Maurizio Marco Tozzi)
Max Serradifalco Giu 5 '15 · Voti: 5 · Tags: earth, fotografia, terra, google, maps, satellite
Massimo Selis

Bio - filmografia:


Nato a Nuoro nel 1975, si diploma presso il liceo scientifico L. Mossa di Olbia. Si trasferisce poi a Cagliari dove completa il biennio del corso di laurea in Psicologia. Prosegue gli studi frequentando il triennio ad indirizzo clinico presso l’Università La Sapienza di Roma. Tra il 1998 e 1999 frequenta  sempre a Roma il corso annuale di cinematografia presso la scuola Professione Cinema, dove segue lezioni di regia, organizzazione, sceneggiatura e fotografia. Tra i docenti vi sono Maurizio Sciarra, Gino Ventriglia e Roberto Benvenuti. Al termine della scuola inizia a lavorare su diversi set in qualità di assistente alla regia. Nel 2007 decide di dare un cambio radicale alla propria vita e torna a vivere in Sardegna dove apre ad Olbia, la libreria per ragazzi Albero e Foglia e fonda l’associazione culturale “Lo Specchio”. Organizza numerose attività creative per bambini, progetti di promozione alla lettura e di scrittura creativa. Nel 2014, si riavvicina alla sua antica passione per il cinema, diplomandosi in Filmmaking presso la New York Film Academy. Qui segue lezioni di regia, sceneggiatura, fotografia, sonoro e montaggio. Come regista ha scritto e diretto sei cortometraggi. Attualmente si sta specializzando in cinematography presso la Shot Academy di Roma.



Esperienza formativa:


-1998/1999

frequenza al corso annuale di cinematografia a Roma “PROFESSIONE CINEMA”

Lezioni di regia, sceneggiatura, fotografia e produzione cinematografica


-2014

Diploma di Filmmaking presso la “New York Film Academy”. Lezioni di regia, sceneggiatura, fotografia, montaggio, sonoro. Realizza 6 cortometraggi in qualità di sceneggiatore, regista e montatore e lavora su altri 20 ricoprendo diversi ruoli, DP, Operatore, Capo elettricista. Corso interamente in lingua inglese.


-2015

Corso online Filmmaking presso la NFTS (NATIONAL FILM AND TELEVISION SCHOOL). 


Corso di specializzazione in cinematography presso la “SHOT ACADEMY” di Roma. Tra i docenti vi sono Gianfilippo Corticelli e Luigi Andrei.




Esperienze lavorative:


1999/2006


- “LA VITA CAMBIA” Tv movie (Charlie Max Film)

assistente alla regia 


 - “A CARO PREZZO” Tv movie (Sorpasso)

assistente alla regia


- “UNO BIANCA” Tv movie (TaoDue)

assistente alla regia


- “DON MATTEO 2” Serie Tv (Lux Vide)

assistente alla regia


- “UN POSTO TRANQUILLO” Tv movie (Publispei)

assistente alla regia


- “QUESTO AMORE” Tv movie (Tangram)

assistente alla regia


- “MATILDE” Tv movie (Immagine e Cinema)

1° assistente alla regia


- “VOCE DEL VERBO AMORE” Film (Rodeo Drive)

assistente alla regia (preparazione)


2000/2006


- “TIM” Spot tv

assistente Casting director

-  “I BELONG TO YOU” Video musicale (Ramazzotti-Anastacia)

assistente alla regia

-  “SAMSUNG - OLIMPIADI TORINO 2006” Spot tv

assistente alla regia



Opere da regista:


2014

-    “A way out” Cortometraggio

-    “Happiness” Cortometraggio (in fase di post-produzione)


Massimo Selis Mar 22 '15
mila







“Parigi sarà sempre Parigi. Che vuoi di più?”

(Frédéric Dard)

e in effetti cosa volere di più? anche per questa stagione, la ville lumiere è stata la cornice perfetta,come sempre, per la conclusione delle sfilate.

E' stato davvero un gran finale, quello a cui tutti volevano assistere, ricco di magia e di colpi di scena.

Gli stilisti che hanno avuto il compito di chiudere le danze dell'ultima fashion week hanno confermato le tendenze che avevamo già intravisto sulle passerelle di New York, Londra e Milano come gli accostamenti o contrasti, che dir si voglia, di tessuti e la vasta scelta di proporzioni che permettono di proporre un'immagine di donna libera di scegliere come interpretare la propria femminilità.

In più molti sono stati i direttori artistici che quest' anno hanno voluto ripercorrere la storia delle proprie maison , ma anche la storia dell' arte, del cinema e dell' umanità.

Vediamo quindi cosa è successo a Parigi, quali sono state le collezioni che mi hanno maggiormente interessato e ovviamente le nuove proposte e tendenze per la prossima stagione.


Adam Andrascik, ripercorre la ricerca e i lavori degli anni 70 di Guy Laroche attraverso le linee asimmetriche a cui aggiunge i giochi di tessuto come la pelle, il tweed e  la lana accostati tra loro  quasi a creare un effetto patchwork ,illuminate da tocchi metal attraverso il lamè, utilizzato anche per ricami orientali, e chiusure zip che diventano vere e proprie decorazioni.


Julien Dossena e la nota "ex" di Baleciaga e Louis Vuitton, Marie Amelie Sauve ,per Paco Rabanne propongono una donna futuristica, probabilmente ispirata alla mitica Barbarella, eroina dell' omonimo film del 1968 di Vadim. Prevalgono linee dritte e materiali statici come lana,pelle e maglina alleggeriti da trasparenze, stampe con segnali stradali e le classiche maxi pastiglie per abitini molto anni 60'.


Per Lanvain Alber Elbaz, torna nella sua patria d' origine, il Marocco  e crea una collezione morbida e castigata, che talvolta ricorda le uniformi della gendarmeria. Velluto e seta, pelle e pitone, pelliccia  e gessato, jersey e broccato si fondono alla perfezione nelle sue creazioni. Degni di nota i berretti e le collane scacciapensieri.


Molto particolare e nuova la collezione Dior di Raf Simons che propone colori classici della maison come bianco, nero e crema accostati a zafferano, glicine, verde e terra di Siena.

Linee a dir poco fascianti, abiti interamente in pelliccia e gonne sfrangiate sono attraversati da fantasie optical, pixellate e animalier.


Stupisce Elie Saab che sperimenta qualcosa di nuovo, che tanto era stato richiesto dai critici di moda, senza allontanarsi dal suo stile piuttosto femminile. Nasce cosi la sua donna soldato, grazie a linee pulite e qualche svasatura e taglio decorativo non invadente che crea movimento e mantiene quel tocco di romanticismo tipico del designer che si ritroviamo nelle stampe floreali su fondo azzurro e su long dresses fluidi e leggeri.


Tra le collezioni più belle, non si può non annoverare la collezione di Fausto Puglisi per Ungaro. Eleganti e sexy i tailleur da gangaster in black and white  completati da cappelli panama. Glamour e femminili gli abiti lunghi a pois e molto rock i tocchi di lamè argento, nero e bronzo.


Vittoriano lo stile di Riccardo Tisci per Givenchy  che propone severi abiti neri, rigoroso barocco reso sexy da trasparenze o pellicce e velluti rossi alleggeriti dai ricami etnici.


Hermes gioca con l' eleganza classica e discreta che si traduce in total look di pelle, linee pulite e rigide, mantelle e cappotti che riportano quindi ad una certo rigore comunque interessante e intrigante.

Pochi azzardi di colore, Dior preferisce mantenere il classico black and white o comunque il ton sur ton.


E passiamo ora alle sfilate finali, quelle più chiacchierate ma oggettivamente anche le più belle in toto.


Giacchini avvitati e pantaloni dal taglio slim, gonne grembiule. cappotti lunghissimi in lana d' angora, chiffon e tulle, tweed rivisitato e abitini ispirati alle cameriere parigine degli anni 20.. siamo alla Brasserie Gabrielle, allestita al Grand Palais e... signore e signori questo é Karl Lagerfeld, questo è Chanel. La ricca collezione del "kaiser" riporta alla vecchia Parigi di Mademoiselle Coco, la Parigi del cibo, del vino e della moda. Seppur in chiave moderna, nelle proposte di Karl Lagerfeld, c'è tutto il credo di Cocò Chanel e tutti quegli elementi da lei proposti per una eleganza sempre comoda, discreta ma sempre riconoscibile. Un vero e proprio viaggio quello di Lagerfeld, un viaggio nella moda, un viaggio nella storia un viaggio a Parigi, del resto “ libera, audace, inafferrabile, mademoiselle non è mai dove ci si aspetta di trovarla”


Mai visti Ben Stiller e Owen Nilson, sfilare in passerella con fare sexy e da macho? Pensavate non fosse possibile? ricredetevi, perchè la maison Valentino c'è riuscita ed è stato un vero e proprio successo. La simpatia e l' irriverenza dei due attori di ha letteralmente spiazzato gli ospiti che avevano appena ammirato una delle migliori collezioni proposte daMaria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli.

Ispirata a Emilie Louise Floge e Celia Birtwell, la collezione è ricchissima di proposte, si parte dall' optical/geometrico black and white e si prosegue con tagli rigorosi per tuniche, abitini con triangolini in pelle, pellicce in stile patchwork fino ad arrivare alle meraviglio stampe quasi orientali realizzate da Birtwell. Una collezione lussuosissima ma discreta, mai ostentata, femminile, rigorosa ma leggera allo stesso tempo.




 

 FONTI

http://www.vogue.it/sfilate

http://www.grazia.it/sfilate

http://www.marieclaire.it/Sfilate

http://www.elle.it/Moda/Sfilate

mila





Milano, si sa, è uno dei luoghi sacri della moda e il 3 Marzo si è concluso il consueto pellegrinaggio dei fashion addicted alle passerelle dedicate alla stagione Autunno/inverno 2015/2016.

Giovani talenti e vecchi grandi nomi della moda hanno decretato le tendenze che ci aspettano dopo l' estate tra cui,lunghezze maxi e midi, pelle, pellicce,piumini trasparenze e paillettes mentre per quando riguarda i colori, oltre al classico total black e total white, troveremo il rosso declinato in tutte le sue nuances da quello veneziano al vermiglio, il blu elettrico, navy , pavone, mostarda e verde bottiglia.

Ancora in auge saranno le stampe, dai cartoon all'optical fino all'animalier.

Dopo aver visionato sul web tutte le collezioni protagoniste della fashion week del capoluogo meneghino, ho selezionato e commentato quelle che al meglio riassumono questi nuovi trend.


Cominciamo con Gucci, il cui direttore creativo Alessandro Michele propone una collezione che definirei "armoniosamente contraddittoria"; stile androgino e mascolino, tailleur severi e rigidi, colori strong,maxi occhiali Nerd  sono "intervallati" da proporzioni sbagliate, stampe floreali, trasparenze e colori pastello.


Molto interessante la proposta di Karl Lagerfeld per Fendi che segna una sorta di ritorno alle Origini per lamaison nostrana : il Fuhrer della moda  sfrutta,valorizza e reinventa la pelliccia, da sempre una delle eccellenze di Fendi e la inserisce in una collezione ispirata alla sperimentazione e al costruttivismo degli anni 20 e ancora Lagerfeld, proseguendo il suo viaggio nella storia di Fendi, ripropone le immortali baguette con moderni motivi floreali che sembrano seguire la concezione artistica del visionario Robert Mapplethorpe.


 Stile piuttosto English Bon Ton per Prada con borse di vernice, gonne al ginocchio, tweed e abiti da Cocktail con stampe fifty, tutto accompagnato da lunghissimi guanti in velluto. Le tinte pastello sicuramente dominano la scena senza assumere un carattere troppo "candy" cosi come i tessuti fluidi sembrano diventare quasi rigidi creando linee sempre piuttosto strutturate, il tutto per mostrare vari aspetti della femminilità che si contrastano e convivono allo stesso tempo.


A far parlare di se ancora l' estroso Jeremy Scott, dal 2013 direttore creativo di Moschino. Protagonisti della collezione di nuovo i catoons o meglio i Looney Tunes in versione rappers che campeggiano su shorts, canotte, felpe e tute provenienti direttamente del mondo del rugby del baseball e del basket. Il pezzo forte è sicuramente il piumino per giacche, cappotti gonne e borse, con cui Scott crea veri e propri total look così colorati quasi da far sembrare le modelle dei cubi di Rubik. Molto interessanti anche le gonne in denim che sembrano ricavate da vecchi jeans la cui vita corrisponde esattamente all'orlo del capo.


Eleganza sovrana per Versace che propone il total black, interrotto da sprazzi di colore , paillettes  e loghi che non distolgono comunque l' attenzione da spacchi vertiginosi, scollature, orli asimmetrici, schiene scoperte   e dal gradito ritorno delle gonne a corolla.


Onnipresente l' animalier per Roberto Cavalli, che ne ha fatto sicuramente il suo segno distintivo, stavolta però affiancato da abiti e tute fluide, camice con rouches  e pellicce .I tagli,le lunghezze e i ricami preziosi sono sicuramente  ispirati alla Cina . L' Animalier  si rende anche protagonista di sperimentazioni cromatiche ad esempio con il giallo limone,il  blu navy e il color  pavone. Notevoli e piacevoli parentesi della collezione sono sicuramente gli abiti lunghi con frange ton sur ton.


A proposito di animalier, anche Richmond dice la sua e lo fa con stampe zebrate dall'effetto quasi optical, accompagnate da tocchi di rosso e prugna,che rientrano in una collezione dai richiami gotici e dark in cui le linee morbide che predominano sembrano quasi in contraddizione con lo stile ma in realtà  sono di forte impatto visivo e perfettamente in armonia con l' intera proposta.


Vero e proprio fenomeno mediatico è stata la presentazione di Dolce & Gabbana; i due designer, orgoglio tutto italiano, hanno dedicato l'intera collezione alle mamme celebrate attraverso ricami e disegni su abiti bon ton in stile anni 50/60 dalle sfumature pastello. Sempre presente nelle loro collezioni è il profumo di Sicilia grazie a al pizzo, al broccato,al sangallo e all'organza.


Grigio perla,crema, fango e bianco  illuminano le passerelle di Trussardi che propone invece un raffinato basic senza troppi fronzoli il cui "movimento" è creato da giochi di tessuti apparentemente lontani e in contrasto come,la  pelle e lana e contrapposizioni di tagli e lunghezze che non sfociano in nessun contrasto netto ma anzi  perseguono il concetto di essenzialità e ricerca di  pulizia delle linee.


Completamente opposta la ricerca di Dsquared2  che presenta invece la sua immagine di donna che sembra provenire direttamente dalle riserve indiane; una pellerossa catapultata in città che porta con se tutti gli elementi distintivi delle sue origini come le  le fantasie tribali ,motivi aztechi,il poncho(ma appare anche qualche sorta eskimo)  e li mixa al denim, alla pelle e a maxi gonne in stile gitano.


Impeccabile come sempre la collezione Armani in cui re Giorgio non tradisce, nemmeno stavolta, il suo ideale di eleganza sobria che si materializza nelle bluse, negli abiti lunghi , nelle tute fluenti e nei pantaloni a sigaretta. Ben riuscita la sua ricerca di  reinterpretazione di tessuti come la maglina o la flanella accostati a materiali "nobili" come la seta.Sicuro oggetto del desiderio il maxi scialle con lunghissime frange che avvolge interamente il busto.


per visionare anche voi queste e tutte le altre collezioni della Fashion week Milanese (25/2/2015-3/3/2015) vi lascio alcuni link dove troverete gallery interamente dedicate:

Vogue

donna moderna

vanity fair

elle

marie claire

grazia



mila
premetto tristemente che faccio parte anche io di quella categoria di giovani "lagnoni" ; ma si avete presente quei giovani disoccupati e depressi che non fanno altro che lamentarsi, spiattellano la loro laurea in faccia agli incompetenti che lavorano senza titoli e aspettano che il lavoro cada su  di loro come la manna dal cielo. Suvvia non facciamo gli ipocriti, a questa rassegnata categoria apparteniamo un po' tutti e pochi, davvero pochi,sono quelli che fanno veramente qualcosa per uscirne.

Ebbene, dopo notti insonni a pensare alla mia situazione e a questo atteggiamento piuttosto presuntuoso, deleterio e soprattutto inutile ho deciso..basta, io non ci sto più!

Ok magari tra un anno, la mia vita sarà ancora la stessa e la disoccupazione continuerà ad affliggermi ma prima di lamentarmi, voglio provare almeno a fare qualcosa per farmi notare e capire se valgo effettivamente quanto credo. Basta aspettare le occasioni, meglio crearsele, se nessuno vuole sentire cosa ho da dire...alzo un po' di più la voce...in fondo se qualche sgallettata fashion blogger ( non tutte, ma qualcuna è sgallettata davvero)è riuscita a farsi notare con qualche selfie, zero senso critico e pressoché nulla conoscenza di storia della moda, tessuti e tagli, perché una "cenerentola qualunque" non potrebbe provare a dimostrare che qualcuno ancora guarda le nuove collezioni degli stilisti alla fashion week ( a cui non è mai invitata ovviamente, ma ormai il mondo è bello perché c'è il web) e non è li solo a instagrammare la sua presenza in prima fila? 

So che l' argomento per molti sarà leggero, futile e a tratti inutile..ma in fondo anche chi si occupa di moda abbraccia un universo artistico che va dalla fotografia al cinema al design e non si limita ad autoscatti che la immortalano con la nuova Louis Vuitton..Per di più ho giurato a me stessa, prima ancora di laurearmi che sarei entrata per qualunque porta nel fashion system quello vero, anche se fosse la porta sul  retro da cui entra la commessa della più piccola Boutique d' Italia,per cui.. Ci PROVO (senza selfies, senza sponsor, senza gossip, senza giveaway............)!

#I'mNotAfashionBlogger

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